1.    Riconvertire l’economia in senso ecologico e circolare

La pandemia ci consegna un mondo completamente trasformato e la Toscana non fa eccezione. Non possiamo uscire dal tunnel dell’emergenza sanitaria così come vi siamo entrati. L’era delle grandi opere inutili è finita. Non possiamo più permetterci sprechi di denaro pubblico e di tempo prezioso, attardandoci su opere esose e dalle dubbie finalità sociali. L’ostinazione con cui un’intera classe dirigente (politica e imprenditoriale) della nostra regione continua a difendere la scelta del nuovo aeroporto di Firenze, dopo la bocciatura definitiva della giustizia amministrativa, è, a nostro avviso, paradigmatica di una difficoltà a ripensarsi. E, dunque, di aprirsi seriamente al cambiamento. È tempo, invece, di riconvertire ecologicamente tutta l’economia, dall’industria più pesante all’artigianato. Per farlo in Toscana, due ci paiono i pilastri fondamentali: l’adesione al metodo scientifico e la centralità del nostro patrimonio ambientale. Da questo punto di vista, sono ormai indifferibili i lavori di bonifica sui nostri siti d’interesse nazionale (SIN): Massa-Carrara, Livorno, Piombino e Orbetello. Come urgente è potenziare l’impegno della Regione sulle infrastrutture digitali (fibra e banda ultralarga su tutto il territorio); sulle ferrovie, in particolare sulle direttrici: tirrenica, pontremolese, porrettana e faentina; e sulle reti tramviarie, nelle due aree metropolitane della Toscana (FI-PO-PT e LU-PI-LI). Non grandi opere, dunque. Bensì: opere grandemente diffuse e utili, che rispondono davvero ai bisogni delle comunità insediate sui territori. Ancora: se la conoscenza, la tutela e la promozione dei nostri patrimoni (naturalistico, culturale e paesaggistico) diventano i criteri direttori della nostra “ripartenza”, va anche ripensato radicalmente il rapporto tra manifattura e rendita turistica. Privilegiando il lavoro e fermando la speculazione in atto sui nostri centri storici. Vogliamo, poi, un’agricoltura che, fedele ai principi dell’agroecologia, sia sempre più vocata alla qualità, al biologico e alle filiere corte. Nel settore dei rifiuti, infine, va chiusa l’era di discariche e inceneritori e vanno invece concentrati gli investimenti sulla riduzione, sul riuso e su tutti quegli impianti necessari al riciclo della materia (quali ad es.: digestori per la produzione di biometano e siti di compostaggio), che dovranno sostanziare le fondamenta dell’economia circolare toscana del futuro.

 

2.   Completare la rivoluzione energetica sui territori

La pandemia non è l’unico problema globale che affligge il pianeta. La crisi climatica, persistente e grave nella sua dimensione, finirà con l’imporci scelte urgenti e risolute. Scelte che, anche in Toscana, non sono più procrastinabili. Una delle leve per mitigare questa condizione così critica risiede certamente nel comparto energetico. Nel come innanzitutto risparmiamo energia, nel come rendiamo più efficiente e sostenibile il nostro modo di abitare, di produrre, di coltivare, di muoversi. Ma puntare sul solo risparmio e l’efficienza energetica non basta; occorre inaugurare una nuova stagione per le fonti rinnovabili, guardando coraggiosamente a un modello reticolare, distribuito e diversificato. Se vogliamo, infatti, dimezzare le emissioni nette di anidride carbonica al 2030 e annullarle completamente al 2040, anche alle nostre latitudini dobbiamo fare di più. Da questo punto di vista, il fatto che 1/3 del fabbisogno elettrico regionale sia soddisfatto dalla sola geotermia, non ci deve indurre all’inazione. Anzi. Non solo e non tanto perché sulle centrali esistenti andrà calibrata un’operazione di graduale ma rapida sostituzione della tecnologia flash con quella meno impattante a reiniezione totale dei fluidi, quanto per il fatto che una vera rivoluzione energetica si nutre di un mix intelligente di soluzioni. Progettualità e soluzioni che debbono farsi forti del consenso informato e della partecipazione delle comunità locali, senza i quali ogni procedimento troverà ostilità e diffidenze spesso insormontabili. Con l’esclusione delle aree preventivamente definite non idonee dalla Regione, ogni territorio dovrà quindi prendersi la responsabilità di accogliere gli impianti per la produzione di energia rinnovabile più consoni alle sue caratteristiche (solare termico, fotovoltaico, eolico, biomasse, correnti marine, geotermia a bassa e media entalpia con recupero del calore). Partire dalle specificità dei paesaggi e dal tempestivo coinvolgimento dei cittadini, d’altronde, ci sembra l’unico modo praticabile per portare in fondo progetti “qualitativi” e “accettati” dalle comunità toscane.

 

3.   Difendere le nostre incomparabili bellezze dall’illegalità

Dopo il disastro sanitario, è facile prevedere un consistente periodo di recessione economica, se non vengono varate subito politiche di sistema profondamente innovative. I tre mesi di lockdown e le scarse riserve di liquidità di molte aziende toscane, stanno creando le condizioni ideali per un’infiltrazione delle organizzazioni criminali. D’altronde, caso apuano a parte, dove il problema vero è l’assoluta insostenibilità del modello estrattivo, la Toscana, per il suo ingente patrimonio, è già da tempo insidiata dai clan malavitosi e da una vasta area grigia di soggetti collusi.

Ricordiamo infatti che l’ecomafia, nella nostra regione, già opera nel ciclo dei rifiuti, nell’edilizia, nella ristorazione, nel traffico dei beni culturali trafugati, per riciclare denaro sporco e non solo. Oggi, con una nuova crisi alle porte, potrebbe diventare ancora più forte, con l’odioso reato dell’usura. Per questo, oltre a supportare le necessarie attività di controllo e repressione di magistrati, forze dell’ordine e ARPAT, chiediamo che sia potenziata l’azione del Tavolo per la Legalità della Regione Toscana, che presidiamo con Libera e con tutti quegli enti del Terzo Settore che si battono per la trasparenza amministrativa e la legalità. Per questo, come Legambiente, coi Centri di Azione Giuridica e con la rete dei Circoli, le nostre sentinelle sul territorio, ci prendiamo oggi l’impegno di tenere alta la guardia, per impedire che l’inestimabile patrimonio ambientale, culturale ed economico della nostra regione diventi facile terreno di conquista delle mafie. Il caso della Tenuta di Suvignano (SI), uno dei beni immobili confiscati a Cosa Nostra più rilevanti del nostro Paese, ci deve infatti servire sempre da monito, in ogni settore e in ogni nostra provincia.

 

4.   Rinnovare le tradizioni civiche e solidali della Toscana

Dopo la lunghissima gelata, indotta dalla crisi economico/finanziaria del 2007/2008 e dall’austerità del 2011/2012, non è dato sapere quali ulteriori effetti possa avere sulla tenuta del “patto sociale” in Toscana, questa nuova devastante turbolenza della primavera 2020. Già molti territori, nella recente discussione congressuale, ci sembravano profondamente cambiati, attraversati da linee di frattura inedite per la nostra regione. Luoghi ripiegati su sé stessi, turbati e paralizzati dalla paura del futuro. Periferie metropolitane, aree interne, borghi montani, centri storici: ecco l’identikit del disagio (economico, sociale, educativo) in Toscana. Ebbene, chiunque amministrerà la regione nel prossimo lustro, dovrà fare subito i conti con questo disagio, certamente aggravato dalla pandemia. Abbiamo spinto e promosso, come associazione, Cooperative di Comunità e Distretti dell’Economia Civile, ma non basta. Occorre che le politiche pubbliche, con capacità di governo e rinnovata terzietà, tornino a essere le protagoniste delle scelte sui nostri territori. Un altro insegnamento che ci ha consegnato l’emergenza sanitaria è, infatti, la certezza che “le periferie”, da sole, non possono farcela. Solo cooperando, con una regia forte, solida e autorevole dei livelli centrali, si possono raggiungere risultati duraturi e volti al bene comune. Non è nostro compito, qui, stigmatizzare ad esempio la distorsione indotta dalla regionalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale sulla qualità e l’omogeneità delle prestazioni da esso erogate. Ci serva questo appunto solo come monito, rispetto a una tradizione di buone prassi amministrative locali, che non possiamo più dare per scontate.

Proprio per questo, peroriamo una rinnovata centralità della dimensione pubblica (a partire dal servizio idrico integrato, ma, più in generale, per tutti i servizi di rete locali). Per questo raccomandiamo, se possibile, una sussidiarietà ancora più equilibrata ed efficace nel settore socio/sanitario (118, assistenza, protezione civile), affinché pubblico e privato sociale, possano continuare a ben cooperare, come in Toscana hanno fatto nella stragrande maggioranza dei casi. Con passione e dedizione instancabili; valorizzando quella risorsa forte e inesauribile che da noi è il Volontariato.

 

5.   Promuovere un nuovo protagonismo giovanile e di genere

Crediamo, infine, che la Toscana sia davvero giunta al termine di un ciclo. Non vogliamo arrogarci il compito di giudicare i tre decenni segnati dai governi di Vannino Chiti (1992-2000), di Claudio Martini (2000-2010) e di Enrico Rossi (2010-2020). Non spetta a noi ed esula, in ogni caso, dalle finalità di questo documento. Ci permettiamo invece qui di raccogliere e interpretare quelle pulsioni e quei bisogni che registriamo quotidianamente sui territori toscani. Al netto di una certa “permanenza” dei valori di fondo evocati e rivendicati, avvertiamo, al contempo, una simmetrica e forte domanda di discontinuità. Che si nutre, a nostro avviso, di tre componenti essenziali.

  • La prima: aspettarsi che il governo della cosa pubblica si apra finalmente a una generazione “diversa”, non solo anagraficamente, da quella che ha incarnato per tanti anni la nomenklatura dei
  • La seconda: vedere nella questione delle nuove generazioni il tema cruciale per non dire fondante della prossima legislatura regionale. Dovremo “attrarre” intelligenze e competenze da fuori regione e, al contempo, dovremo “trattenere” con generosità le nostre più fresche energie intellettuali e creative. La fuga dei cervelli è, infatti, la peggiore delle emorragie che possa interessare la Toscana. Questa è la terra di Leonardo e di Michelangelo e per produrre nuova bellezza, oggi, abbiamo il dovere d’investire sulla “nostra meglio gioventù”.
  • La terza. Spesso erroneamente banalizzata con l’argomento aritmetico delle quote rosa. E cioè, pretendere che nella prossima legislatura regionale le donne giochino un ruolo da protagoniste sulla scena politica toscana, occupando gli scranni chiave per la programmazione 2020-2030. D’altronde, l’esperienza di questi mesi ci ha insegnato come gli Stati che hanno meglio combattuto la pandemia, siano quelli guidati da governi “al femminile” (Angela Merkel in Germania, Jacinda Ardern in Nuova Zelanda, Tsai Ing- Wen a Taiwan …). Insomma, anche in Toscana: largo alle donne!